Google introduce la "Gestione account inattivo".E' una questione di marketing e gestione risorse altro che "testamento digitale". 
La notizia incompleta (e inesatta in parte) è servita: Google introduce il testamento digitale. Ovviamente
questa notizia la danno i media italiani per cui meglio
leggere e dimenticare.
In realtà l'adozione della
Gestione account inattivo potrebbe essere collegata a questione di
marketing e vile denaro. Google, Google+, Picasa, Youtube, Blogger, Google Drive e tutti gli altri servizi perché mai dovrebbero continuare ad
occupare risorse quando l'utente non usa più il profilo/account creato su di essi? E sopratutto: su
Google gira la maggior parte della pubblicità del web. Un'azienda che deve investire in pubblicità web (e nel Sem)
vuole profilare utenti reali e vivi e non elaborare strategie su dati in parte viziati da utenti ormai morti o account non utilizzati da mesi o anni.
I responsabili di Google questo lo sanno benissimo e allora hanno introdotto un pannello di gestione che permette agli utenti di
decidere cosa fare del loro account dopo un tot di tempo di inutilizzo. Il caso più grave, ovviamente, è quello legato alla morte della persona. Su molti social forum è difficilissimo se non impossibile riuscire a far cancellare un profilo.
Con "Gestione account inattivo" ogni iscritto a Google può decidere cosa fare. Può stabilire intanto un periodo temporale (chiamato "
Timeout" dopo il quale l'account risulterà inattivo (ossia se non si accede all'account per 1, 2,6 mesi o quello che decidete il sistema passa alla fase successiva).
Dopo il sistema potrà
contattarvi o contattare fino a 10 altre persone (strategia per ottenere più iscrizioni di persone reali e profilarle per vendere pubblicità) che potranno decidere cosa fare del vostro profilo, delle foto, dei contenuti, dei video.
Caso limite è il caso di morte: potete stabilire che dopo il timeout l'account possa essere eliminato automaticamente.
Google risparmierà risorse ed eviterà di profilare dati inesatti per la vendita della pubblicità.
Tutto è, dunque, tranne che il "Testamento digitale".
Master